Vigilanza ed educazione ai tempi della DaD

A cura della prof.ssa Fabiana Fago
I bambini e gli adolescenti di oggi, se non sono assolutamente ignorati dai propri genitori sommersi di impegni di ogni genere soffrono di una sindrome di accerchiamento genitoriale, che la DAD in taluni casi ha certamente inasprito, parliamo di ingerenza e invadenza nella vita dei figli, che vede i genitori sostituirsi loro in ogni decisione, nella programmazione della giornata, per ogni piccolo o grande impegno, ma anche nella gestione di tutte le relazioni che li riguardano. Un esempio significativo è quello dalla gestione dei genitori di litigi che sarebbero normali fra coetanei e compagni di classe, ma che degenerano perché gli adulti arrivano ad intromettersi, arrogandosi anche il diritto di pronunciarsi sui metodi di insegnamento o valutazione dei docenti.
Un interessamento ossessivo da parte dei genitori che porta inevitabilmente alla mancanza di un confronto costruttivo e responsabilizzante tra e per i bambini/ragazzi; il percorso di crescita in autonomia dei figli di fatto si frena e questi ultimi non riescono più ad arrivare ad una conoscenza indipendente delle proprie capacità e delle proprie caratteristiche specifiche, trovando spesso sfogo nel mettere in atto azioni di bullismo o di cyberbullismo sui compagni o docenti. Dal momento che difficilmente si nasce bulli, la letteratura dimostra che bulli si diventa e questo nella stragrande maggioranza dei casi perché, tra vari fattori, nella relazione genitore-figlio si amplifica il divario di forze e potere. Nella relazione genitore-figlio si pongono in essere azioni che vengono considerate arbitrariamente educative, ma che nei fatti si traducono in prevaricazione; l’adulto è portato ad ancorarsi alla propria posizione di forza, sottomettendo autoritariamente il bambino/ragazzo ai propri voleri, al proprio sistema di valori, ai propri porgetti.
“I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza”. Questo è quel che si intende giuridicamente per obbligo di sorveglianza sui minori che grava sugli insegnanti (precettori), che trova il proprio fondamento giuridico nel 2° comma dell’art. 2048 c.c.; il riferimento normativo riferito ai genitori è invece il 1° comma dell’art. 2048 c.c.). Nonostante almeno una volta l’anno i giornali riempiano le colonne della cronaca con notizie riferite a gravi atti di bullismo, incidenti e irregolarità che si verificano in ambito scolastico, è necessario evidenziare fin da subito l’esistenza, ma soprattutto l’evidenza di una corresponsabilità educativo-formativa dei genitori e della scuola nel processo di crescita del minore. Naturale il dubbio, con la Dad si modificano le responsabilità di docenti e genitori?
Oltre che sul piano della funzione educativa, la scuola è e coinvolta in modo giuridicamente importante sul terreno dell’obbligo di sorveglianza sui minori, nel tempo in cui questi sono ad essa affidati; episodi di bullismo e cyberbullismo e cause intentate dai genitori delle vittime per chiedere il risarcimento del danno (di natura fisica e psicologica) subito dal figlio durante l’orario scolastico, confermano che spesso si arriva a asserire che tali danni siano imputabili ad inadeguata attività di vigilanza da parte del personale scolastico.

Ma può un insegnante che sta svolgendo una lezione in modalità sincrona (tramite video lezione) esercitare il dovere alla vigilanza come se non fosse in un ambiente virtuale? È una richiesta impossibile, come molte altre chieste nel tempo agli insegnanti, ma per una volta la responsabilità di irregolarità sembrano più chiaramente sbilanciate sulla famiglia. Con riferimento ai genitori, occorre considerare – oltre al 1° comma dell’art.2048 c.c. ai sensi del quale “Il padre e la madre o il tutore sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi (..)” – il disposto di cui all’art. 30 Cost. a mente del quale “è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio”, nonché l’art. 147 c.c. che, parimenti, prevede “(..) l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole, tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli”.
L’utilizzo inappropriato e svincolato dalle attività educativo-didattiche, quali la diffusione attraverso socialnetwork e programmi di messaggistica veloce di immagini e/o video e/o registrazioni audio, viene preseguito a norma di legge, in coerenza con le disposizioni del Codice Civile e della normativa relativa alla tutela dei dati personali ( che in genere si trovano pubblicata sul sito delle scuole).
A luglio del 2017, l’Espresso in un articolo dal titolo I problemi di Internet? Nascono fuori dal web definiva il Web “luogo di libertà, ma anche di odio. Di crescita ma anche di appiattimento. Di conoscenza ma anche di inganni” è verissimo “la rete sfugge a ogni semplificazione.”La scuola con la DaD ha un ruolo assolutamente residuale rispetto a questioni di bullismo e cyberbullismo, poiché pur restando garante del diritto all’istruzione permette solo agli studenti l’esercizio di una cittadinanza più consapevole anche attraverso i sistemi informatici, ma è molto limitata nelle sue facoltà educative sugli alunni, limitandosi alla verifica della loro partecipazione alle lezioni in sincrono e alla condotta in esse mantenuta. L’obbligo di educazione riguarda primariamente il rapporto genitore-figlio minorenne e sopravvive all’affidamento a terzi del minore, ponendosi quale obbligo non alternativo, bensì concorrente con quello di vigilanza. Ciò comporta che, accanto all’eventuale culpa in vigilando dell’istituzione scolastica, ben possano ravvisarsi elementi per una culpa in educando dei genitori.
A completamento di questi scarni cenni normativi, occorre poi considerare l’aspetto processuale, perché il 3° comma dell’art. 2048 c.c., dispone che “Le persone indicate dai commi precedenti ovvero i genitori, il tutore e i precettori sono liberate dalla responsabilità solo se provano (e non solo dichiarano) di non aver potuto impedire il fatto”. Pertanto la colpa, nel giudizio risarcitorio, si presume e questo significa che la norma tende cioè a privilegiare la tutela del danneggiato (il docente o l’alunno che ha subito il danno e per esso, se minorenne, i suoi genitori) facilitando la strada probatoria. Il soggetto tenuto alla vigilanza (il “precettore” quindi l’amministrazione scolastica e non il docente in prima persona) è pertanto liberato dalla responsabilità solo se riesce a provare di “non aver potuto impedire il fatto”, cioè di aver adottato quelle azioni che – secondo le circostanze contingenti – apparivano idonee ad evitare il danno.
La preoccupazione di dirigenti scolastici e genitori, rispetto alla pratica della DAD, riguarda principalmente la tutela della privacy di minorenni e il cyberbullismo, che si sostanzia attraverso filmati o immagini della vita scolastica virtuale carpita in maniera pirata e opportunamente manipolati. Nella fase del varo della DAD sui siti delle scuole di ogni ordine e grado, nonché in appositi spazi dei RE sono stati riproposti i regolamenti in materia di privacy, richiamando la normativa e sottolineando che è «assolutamente vietato estrarre e/o diffondere foto o video registrazioni relative alle persone presenti in videoconferenza e alla lezione on-line»; la violazione di queste norme comporta responsabilità civile e penale in capo ai trasgressori e a coloro che ne hanno la responsabilità genitoriale. Ma c’è di più, esiste una rilevanza dal punto di vista sociale per tutte le persone che vengono coinvolte in eventuali inchieste, perché una sola foto pubblicata in rete è impossibile da eliminare, a fronte della falsa credenza di molti bambini e adolescenti che questa possa rimanere condivisa solo con i pochi soggetti di un gruppo o di una chat. Eventuali problemi relativi alla Dad nascono sempre prima e fuori dalla rete.