PIÙ BES, PIÙ STRESS

PIÙ BES, PIÙ STRESS

Il titolo è un po’irriverente, ma nasce dalla lapidaria constatazione su come siano attualmente in deciso aumento i casi di malessere psicologico dei docenti, dovuti non a questioni personali, ma principalmente a difficoltà di gestione degli alunni problematici, dei quali si registra un aumento significativo dopo l’emergenza pandemica. Non abbiamo a disposizione un’indagine statistica nazionale ma solamente un osservatorio o, per meglio dire, un aneddotica, da parte di alcune province, da cui passano sempre più segnalazioni di disagio professionale. Comunque, da una tendenza si può ricavare un trend e soprattutto una indicazione politica: i casi segnalati sono in aumento nelle cosiddette “scuole a rischio”, quelle dei quartieri periferici o di aree a forte disagio sociale, come succede ormai regolarmente in Francia o nei paesi anglosassoni, sono in aumento i casi di docenti che si sentono “abbandonati” dall’istituzione di fronte al dilagare di alunni in situazione di bisogno “speciale”. È noto a tutti che l’organico non prevede per i BES senza certificazione di disabilità, gli alunni con Bisogni Educativi Speciali, alcuna figura di supporto in più, come invece avviene per i ragazzi certificati. Capita, quindi, che, mettendo insieme più BES in una classe, queste debolezze individuali divengano una potente forza di disturbo per l’attività didattica, mentre il docente di classe ne patisce un maggiore stress perché non sa a chi rivolgersi. Infatti, nonostante nelle scuole siano presenti, per affrontare la situazione sopra delineata, varie figure professionali di assistenza psicoformativa, quali l’educatore d’istituto, il mentoring, il coaching antidispersione, il mediatore culturale, i docenti del potenziato e infine lo psicologo della scuola, se non ne abbiamo dimenticato alcuno, la sensazione persistente dell’insegnante è quasi invariabilmente quella di essere lasciato solo a fronteggiare la marea.

Inoltre, come sempre avviene a scuola, è il peso del “sommerso” quello più gravoso, cioè la quantità di casi border-line di alunni senza certificazione o segnalazione alcuna (magari in attesa che il problema si delinei con più precisione oppure perché i genitori restano riluttanti rispetto a un eventuale percorso di valutazione neuropsichiatrica, ecc.), che tuttavia fanno numero nelle classi e si sommano in negativo ai casi già conclamati.

Che fare, quindi? Nel sistema attuale, in cui manca qualsiasi prospettiva attuale di creare classi di livello, bisogna rendere più sopportabile la docenza nelle scuole, sia in quelle di “frontiera” sia in quelle standard, sempre più coinvolte nel problema, bisogna fare in modo che sia possibile condividere maggiormente, soprattutto a livello di organi collegiali, i casi di disagio studentesco, fornire più strumenti, anche di incentivo economico, ai docenti delle classi con più BES, ridurre il numero di studenti per classe in presenza di casi di disagio, come avviene per gli studenti certificati e, da ultimo, consentire percorsi terapeutici qualificati e assistiti non solo per gli studenti ma anche per gli stessi docenti, sempre più disorientati di fronte alla complessità della popolazione scolastica. 

Quintilianus

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