Educazione virtuale: ovvero, come non si esce più dall’aula…

“Ragazzi, domani andiamo in visita didattica al Museo medievale… “Che bello, prof! Dove ci troviamo?” chiede Pierino… “Ma qui in classe, sciocchino…” Beh, a parte l’epiteto finale (solo pensato) … questo dialogo è surrealmente reale in tempi di scuola post-Covid in presenza, anzi in clausura, potremmo dire con una battuta. La situazione è questa: dopo i tempi e la successiva ostracizzazione della DAD, ora il totem della scuola in presenza è l’unico obiettivo praticato. Dopo la fase cruciale del rientro in presenza “a tutti i costi”, ora è penalizzata l’attività educativa extra- scolastica, come se invece bastasse la sola collocazione a scuola degli studenti.
Certo, l’attività in presenza è fondamentale, ma ora si dovrebbe passare al livello successivo, ovvero alla qualità di quanto viene fatto, soprattutto in termini di apprendimento trasversale. Infatti, ora come ora, la scuola esercita sostanzialmente un’attività didattica autoreferenziale, con l’attività scolastica limitata al solo lavoro d’aula, senza poter svolgere visite guidate, visitare fisicamente musei, mostre, allestimenti, aziende, luoghi di socialità, ecc. Le attuali limitazioni imposte dalla tutela della privacy dello studente non permettono infatti alcuna attività che possa essere sottoposta al controllo del green pass e così viene limitata anche l’offerta formativa.
Il risultato di tutto questo è che gli studenti e i docenti stessi perdono la completa esperienza delle iniziative extrascolastiche, che sono invece fondamentali per una completa formazione, facendoci tornare a un modello, che speravamo superato, di scuola tradizionale e chiusa in sé stessa, nel ristretto spazio dell’aula scolastica e impedendoci così di sfruttare al meglio tutte le proposte di formazione extrascolastica, ora, di fatto, inibite, perché solamente virtuali.