E c’è sempre qualcuno che parte, ma dove arriva, se parte?

Ho seguito un po’ da lontano il problema, forse con la presunzione che non fosse un argomento da poter avere lunga vita, seguendo il destino delle pratiche e delle problematiche prive di fondamento.La mia premessa era che fosse inaccettabile per chiunque dichiararsi convinto in buona fede che esista una DaD (didattica a distanza) possibile, certificabile, valutabile e quindi che la si potesse organizzare in modo ordinamentale.
(Si licet… anche Papa Francesco ha ripetuto che la Messa on line non è valida).
I limiti logici, di buon senso, ma anche fattuali e sostanziali peraltro mi sono sempre sembrati molti. E nessuno superabile o bypassabile con un “sì… però”. Il limite iniziale del sistema è cogente: il 40% o più generosamente il 30% degli alunni non è nella condizione di utilizzarne gli strumenti, i fatidici device.
Altro limite oggettivo: esiste, per chi deve prestare servizio come Docente, un contratto di lavoro, firmato dalle parti che norma i tempi e le modalità delle prestazioni. La Didattica a Distanza non ne fa parte. Limite logico e/o culturale poi è che: non esistono validazioni né intellettuali né di prassi che garantiscano un minimo di proficuità e valutabilità a quella attività che passa per “lezioni a distanza”. Eppure tutti l’hanno sposata. Beh tutti si fa per dire, tanti insomma. Il Governo certo, con il suo Ministro in testa, ma anche i Dirigenti Scolastici, i Docenti di ultima leva e poi alcuni intellettuali progressisti. All’inizio c’erano da annoverare anche molte mamme di buona volontà. Per i media poi è la DaD la Nuova frontiera dell’apprendere/insegnare!
Penso io invece che “DaD” sia un ossimoro, come il “fragoroso silenzio” o il “festina lente”.
Penso cioè a tutti i Docenti e a tutti coloro che sono in possesso di un qualche bagaglio culturale, come a delle persone che saprebbero facilmente identificare, magari anche con qualche luccicore degli occhi, il nome dei loro fondamentali Docenti. Tutti hanno chiaro chi per ognuno di loro sia stato un “maestro”, chi ha fatto per loro delle lezioni. E parlare di questo, penso a buon diritto, senza troppa enfasi, sia parlare di ogni lezione che qualcuno ha realizzata e portato a termine, instaurando, o sforzandosi di farlo, una relazione educativa, che è fatta di presenza, di parole di sguardi, di cenni assertivi. Questi son gli elementi, che rendono le relazioni fra docenti e discenti, in grado di funzionare da strumenti fondamentali della didattica e dell’apprendimento.
L’idea che Scuola possa esserci solo attraverso uno stimolo visivo o verbale più o meno insistente o accattivante una minuta spiegazione del “come fare “, senza l’incrociarsi degli sguardi e il passaggio di un qualche “voltaggio” di tensione fra chi insegna e chi impara, sembra essere cosa difficile da fare propria. Ma tant’è! Ci sono stati fior di giornalisti che hanno fatto fior di pezzi di giornalismo fine, quando hanno scoperto e poi raccontato che la più importante funzione della DaD è stata quella di supportare, di sostituire o mimare la relazione fra alunni e docenti. È stata l’unica e dignitosa funzione a dire il vero.
“Mi manchi maestra”. “Come va Prof?”
Ma c’è un motivo per il quale la Ministra ha puntato tutte le sue carte su questo modello?
A pensarci bene la risposta è semplice: Non c’era altro! E in questo frangente è chiaro da capire il perché in tutti modi abbia cercato di imporre e di normare, la didattica a distanza.
Quello che è più difficile da capire è il passaggio successivo, l’esito che ha dato all’anno scolastico 2019-2020. Fondamento e giustificazione di tutto ha scelto che fosse esclusivamente la DaD. Dato il suo orizzonte culturale e politico non aveva altro! Già a metà del guado la Ministra ha comunicato che quello che si poteva fare, era stato fatto e che quindi tutti gli alunni sarebbero stato promossi. Aggiunse con nota grottesca che però, non era una promozione politica, la promozione sarebbe avvenuta con i voti che meritavano: se un quattro c’era, un quattro ci sarebbe stato sulla pagella. E allora a che cosa servivano i voti e la pagella? Se i voti servono per dire “allora sì va bene, o, allora no, non va bene”. Oppure ivoti sono delle nuances? Ci sono due certezze sotto traccia nella scelta del ministero della Pubblica Istruzione.
La prima è che degli esiti dell’anno scolastico in corso, ciò che conta è quello che ne dicono o diranno “gli utenti”, genitori e alunni. E per questo allora a caduta: si fanno gli esami, si danno le valutazioni, e poiché le valutazioni non possono, non devono mai essere punitive, tutti hanno il passaggio all’anno successivo. “I bambini, giovani, figli” non sono colpevoli delle ore di lezione perse, non possono essere puniti per quello che non sanno. Si recupererà! Ciò di cui non si fa menzione, che non fa entrare nel discorso è “quello che non sanno”. E che per avere un titolo di studio con valore legale (in Italia ha valore legale il titolo di studio) dovrebbero sapere.
E ancora chi deve valutare e cosa è la seconda certezza del Ministro: non gli Insegnanti, certo! Tanto le loro valutazioni sono da anni “svalutate”. Il buon funzionamento della Scuola si misura a promozioni, non a conoscenze.
Tutti promossi, tutti contenti.
E dire che tutto restava fermo, che non c’erano le condizioni per validare un anno scolastico monco e travagliato come questo? Chi avrebbe fatto felice? E allora si riparte a settembre quando si potrà recuperare!
…..Ma dove arriva se parte? Ciao!…. cantavano Cochi e Renato.
Severino